storie e storiette |
Uno spazio libero dove esprimere il proprio parere e raccontare esperienze....
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Con noi cibo acqua, materiale da bivacco, solite cose e una buona varietà di aggeggi da artificiale, convinti che quel mistico gioco del traverso e la successiva prua avesse respinto tanti grandi solo perché sprovvisti della giusta attrezzatura.
E così ci troviamo dentro quel libro magico, color giallo intenso, dove la roccia nn è delle migliori, ma l'entusiasmo ti fa volare verso l'alto e neanche te ne accorgi che già devi attraversare verso sinistra e che poi ti trovi a salire quel bordo del diedro che ti porta sulla cengia sospesa, che ci ospiterà per la notte. Posto fantastico, piccolo ma comodo, con il nostro capitano a osservarci,il grande agner, con 2/3 ore di luce per goderci il momento, mentre “fuori” piove ma li siamo al riparo; per sistemarci comodi e consumare una super cena tra chiacchiere e silenzi che parlano... E poi la strana cosa di svegliarsi a mezzanotte e sentirmi come se avessi dormito 10 ore, pronto e carico x partire.. Ma è solo mezzanotte e così fumando una sigaretta ti rendi conto di quanto sei fortunato a poterti godere quel posto anche in piena notte, illuminato dalla luna, avvolto in un silenzio totale. Nel dormiveglia arriva anche la mattina e cominciamo la seconda parte della via. Troviamo qualche problema nell'individuare la linea di salita e perdiamo più di un ora, ma poi tutto torna e la salita prosegue fino a trovarci sotto quella fessura, che in uno dei pochi racconti, il protagonista scriveva che valeva la pena fare un giro fin lì solo per percorrere quel tratto. Fessura bella ma non banale, e poi un altro tiro difficile ma colorato da quel cordino blu lasciato dall ultimo ripetitore nel 2012. Arriviamo sui camini finali, facili e piacevoli e intorno a noi il solito silenzio sembra suonare una musica che ci accompagna. Sulla cima, dove entrambi eravamo già stati, c'era un atmosfera strana, come se non sapessimo esprimerci, come se ciò che avevamo appena fatto, per noi, non era divenuto ancora realtà. Come se niente avessimo fatto, perché l'alchimista che gioca con le nostre emozioni ancora non si era messo al lavoro. Però le ali che ci avevano fatto volare verso l'alto non c'erano più perché non c'era più bisogno di averle. Perché per scendere bastano le nostre gambe, mentre per salire non basta contare solo sul proprio corpo, ma anche sulle motivazioni che lo fanno muovere! E allora giù per quella discesa infinita, stanchi, appagati e forse un po’ increduli. Accompagnati dai nostri pensieri e dalle nostre emozioni pian piano arriviamo giù nella magica valle dove tutto torna normale dopo 2 giorni vissuti in un altro mondo.... E allora grazie Diego per avermi ispirato in questa avventura, grazie Marco per il romanticismo che mettevi nelle tue salite, l'emozione nel pensare che eri stato l'ultimo a passare di lì ci ha accompagnati per tutta la salita. Grazie diedro dei bellunesi per averci fatto volare. Marco T.
2 Commenti
La cordata Stefani-Toldo porta a termine una nuova via di arrampicata, la "semplice" avventura condivisa tra le pareti della val d'Astico! Una gialla e strapiombante parete sorregge da millenni il leggendario Altar Knotto, una particolare formazione rocciosa sospesa sulla Val d’Astico, a circa 1334 m di quota e più volte oggetto di leggende. Anche Mario Rigoni Stern nel libro “L’Altopiano dei Sette Comuni” ne fa menzione definendolo un “antico sasso in bilico sul baratro”. Quale definizione migliore per descriverlo? Marco ed io avevamo da tempo puntato gli occhi verso quell’affascinante, quanto repulsiva, parete sud ovest; nelle nostre menti si stava delineando una possibilità di salita ma per una moltitudine d’impegni e difficoltà d’incastro del nostro tempo libero è stato necessario attendere lo scorso aprile prima di dar forma a questo sogno. La sveglia è suonata presto e il meteo non si è dimostrato a nostro favore. La pioggia cadeva leggera quando, ad orari antelucani, lasciavamo le nostre abitazioni. Non ci siamo persi d’animo perché la parete è strapiombante e quindi al riparo dall’acqua. Con noi zaini pesanti, molti chiodi, corde, una staffa, numerosi friends ma anche un vecchio ed ingombrante stereo pronto a tenerci compagnia, del tabacco per confezionare una sigaretta nei momenti in cui sarebbe stato necessario prendersi una piccola pausa e in fine una bottiglia di vino rosso fatto rigorosamente “in casa”. A volte ho l’impressione di essere un naufrago del secolo scorso.. Così è nata la “Diretta Supernatural”: nella totale semplicità di un’avventura condivisa con un prezioso amico. Non abbiamo ispezionato prima la parete e non ci siamo calati dall’alto per capire che difficoltà avremmo dovuto superare o con che tipo di roccia ci saremmo dovuti confrontare. Non ci piacciono gli schemi e non abbiamo paura delle rinunce. Anzi, è forse nel saper rinunciare la più grande qualità di un’alpinista. Nel primo giorno di arrampicata abbiamo salito quattro lunghezze di corda; Marco ed io ci siamo alternati nel ruolo di capocordata. A fine giornata eravamo felici perché dentro di noi iniziava a farsi avanti la certezza di una riuscita. La nostra seconda visita alla parete avvenne dopo pochi giorni. Mentre ci avvicinavamo all’attacco ci siamo resi conto di essere proprio sulla perpendicolare del grande altare. Non potevamo non provare a salirne la sommità sfidando le leggi fisiche di quel masso sospeso. L’ultima lunghezza è stata probabilmente la più affascinante. Ogni chiodo piantato era accompagnato dalla più totale incertezza. Dopo infiniti passi delicati ci siamo abbracciati sulla vetta. Intorno a noi l’ambiente pareva improvvisamente essere diverso, il sole splendeva e i vari escursionisti in visita all’Altar Knotto ci osservavano incuriositi; un leggero venticello ha trasportato la nostra gioia e il nostro sudore giù verso valle. Trascorsi giorni dalla nostra piccola impresa abbiamo deciso di ritornare per migliorare la linea di salita pulendola da alcune prese mobili ed aggiungendo ulteriori chiodi di protezione, agevolando così gli eventuali futuri ripetitori. Sabato 9 giugno infine abbiamo salito integralmente la via in arrampicata libera chiudendo così il cerchio di quest’avventura. La sera, prima di prendere sonno, ogni tanto mi chiedo: che cosa resterà dentro di me di questa salita? La risposta è semplice: amicizia e libertà. Matthias pdf relazioneEstratto dal blog di Pier Verri: Sulle Crode, alpinismo arrampicata montagna... Postiamo con piacere queste righe, spunto per riflessioni e dibattiti....cos'è l'alpinismo e qual'è il confine che lo distingue dall'arrampicata? Il 2017 è stato per me il classico anno sabbatico, in cui ho sentito veramente il peso degli anni, con un'alternanza di condizioni fisiche che non mi hanno permesso di trovare mai gli stimoli e il momento giusto per realizzare qualche sogno alpinistico rimasto nel cassetto. Al tutto poi si è aggiunta la triste notizia che alcuni “ boce” hanno aperto delle vie, usando trapano e spit, sulle montagne che più amo; le Alpi Feltrine, i Monti del Sole e il Bosconero. Una mazzata per il mio modo di vedere. Gruppi montuosi, che nonostante la modesta quota, considero a tutti gli effetti montagne con la emme maiuscola, e quindi riservate all'alpinismo vero e proprio con tutte le caratteristiche e difficoltà che questa attività acclude: dai faticosi avvicinamenti con zaini pesanti, all'incertezza per le condizioni del tempo, dalla morfologia dell'ambiente fatto di neve ghiaccio e roccia, alla varietà dei suoi percorsi con mura inaccessibili fatte di fessure, pieghe naturali, placche lisce, strapiombi, tetti etc... barriere naturali con le quali ogni alpinista deve sapersi confrontare imponendosi delle regole etiche che limitino l'uso della tecnologia e delle attrezzature moderne.
Ben si sa che l'uomo è andato sulla luna, e che già agli inizi del secolo scorso si costruivano palazzi di centinaia di metri ed esistevano perforatori a percussione in grado di forare il granito, lo sapevano anche Paul Preuss e George Winkler, e tutti i grandi alpinisti di quel epoca e di quella successiva, che erano certamente opposti per la maggioranza, a qualche mente perversa che già allora aveva costruito vie ferrate e funamboliche funivie per raggiungere cime impossibili, per la gioia del turista della domenica e delle tasche di pochi magnati. Un progresso nemico della natura che ha portato solo dopo alla consapevolezza della tutela degli ambienti dei giorni nostri mettendo un limite a dette opere. Questa breve riflessione può apparire piena di retorica, ma è strettamente collegata a piccolezze come quella di praticare l'alpinismo usando il trapano per riempire il proprio carniere, superando barando i propri limiti. E' più forte di me non riesco a tacere per quanto mi riprometta di stare zitto e di non alimentare polemiche, visto che allo stato attuale, mi sento solo a combattere contro il mondo intero per un ideale che non riesco più a rendere elastico. Spero almeno di sensibilizzare i pochi giovani che curiosano per caso nel mio blog, o di spronare qualche vecchio a tenere duro per non farsi ammaliare dai grandi numeri senza rischi proposti da questi itinerari definiti moderni. L'alpinismo deve distinguersi dall'arrampicata sportiva, e come essa porsi delle regole, ci sta' a pennello il non trapanare la roccia come il non usare le bombole di ossigeno in quota, il non lasciare spit fissi, come il non costruire campi intermedi fissi in quota (qualcuno ci ha già pensato seriamente). Credo che sulle dolomiti l'evoluzione delle vie “trad”, dell'alpinismo pulito, sia stata frenata dall'essere andati molto avanti con il grado di difficoltà nell'arrampicata sportiva praticata in falesia e sui massi, si è voluto poi riproporre le stesse situazioni in montagna, dando l'illusione ai numerosi ripetitori di praticare alpinismo estremo. In realtà si tratta di una scorciatoia messa in atto da chi non ha voluto accettare i propri limiti, proponendo un'evoluzione basata su un esagerato innalzamento della difficoltà, che ha saltato un percorso intermedio, sminuendo gli itinerari classici e il più recente periodo storico di un' intera generazione che si è affannata nella ricerca dell'arrampicata libera, dove la difficoltà non era solo un gesto atletico, bensì la capacità mentale di muoversi solo con le protezioni concesse dalla morfologia della roccia. Stile improntato su di un etica rigida che ha portato all'apertura “on sight “ di vie con difficoltà poco oltre il VII e ben lontana dai grandi numeri proposti dai moderni trapanatori. Sono vie rimaste nell'oblio ripetute raramente solo da pochi preparati e che meriterebbero tutte le attenzioni della cronaca. Volendo poi, per chi si lamenta che non c'è più niente da fare, di queste vie mancherebbero le prime invernali, le prime solitarie, e comunque con un po' di fantasia e creatività ci sono ancora numerose vie stradure da aprire, chiaramente su queste il pericolo non manca, ma proprio non me lo vedo l'alpinismo senza rischio. Sui trapanatori quello che mi lascia perplesso è la confusione di pensiero, con tutte quelle etiche e sotto etiche che si stanno sviluppando formando diverse schiere: da quelli che si definisco esclusivamente arrampicatori sportivi, e forse sono quelli più coerenti, che attrezzano da cima a fondo e gradano bello lasco per attirare intere masse. A quelli un po' confusi, con più cultura alpinistica, liberisti puri, che aprono la via in stile classico, ma che poi sulla placca si dicono è impossibile passare, e dopo aver armeggiato in artificiale con clif e micro chiodi, concludono con il trapano, giustificando il proprio senso di colpa asserendo di aver usato solo due spit in tutta la via. Altra categoria, ed è quella che mi fa più paura, è quella di chi, dichiarandosi altruista, si preoccupa che alcuni gruppi montuosi siano poco frequentati, ed invece di andare a ripetere le vie già esistenti in prima persona, pensa bene di aprirne di nuove, attrezzando con gli spit, guarda caso solo il tiro che devono tornare a provare in libera... Non me ne voglia nessuno per queste affermazioni, le mie critiche sono sterili, come già detto sono solo un vecchio ago nel pagliaio, ma credo più che fermamente che la montagna meriterebbe più rispetto e che all'alpinismo, con tutto il suo bagaglio storico, vada concessa una semplice regola come quella della “lealtà” di non trapanare la roccia. Per chi ha voglia di spittare ci sono innumerevoli falesie alte anche fino a 300 metri, nelle quali è possibile sviluppare l'arrampicata sportiva a più tiri, e comunque ce ne sono già molte e la maggioranza son poco ripetute. Concludo: sarebbe veramente bello lasciare stare la montagna e il terreno per lo sviluppo dell'alpinismo dell'arrampicata trad e dell' avventura....perciò Buon 2018.....senza spit!!! |
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Novembre 2023
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